Incontro con la Coalizione Italiana contro la Pena di Morte

Arianna Ballotta è un esempio di grande maturità e autocoscienza, che ha trovato il modo di incanalare il proprio dolore in una missione che beneficia la collettività. La sua testimonianza è fondamentale in quanto la documentazione sulle prigioni del braccio della morte è estremamente limitata, dunque ricevere un’opinione oggettiva da una testimone diretta di quella realtà è di grande aiuto per una formulazione più informata dell’opinione critica.

Inoltre, svela il vaso di Pandora che è nascosto meticolosamente dal governo americano dietro la definizione di “più grande democrazia occidentale”. Infatti, per quanto la giustizia debba fare il suo corso, gli Stati Uniti sono colpevoli di un abuso di potere che ha il solo obiettivo di sfavorire le minoranze e la classe lavoratrice. Questa macchina mortale si cela dietro il pretesto della protezione dei cittadini americani, le statistiche ci dicono pertanto che la stragrande maggioranza dei condannati sono afro e latinoamericani che non hanno accesso economico a una difesa efficiente.

La questione della pena di morte è strettamente legata alla lotta di classe, per l’appunto, i potenti della classe elitaria colpevoli di crimini e frodi, rimangono impuniti ai danni di nuove potenziali vittime.

Ergo, per ottenere un sistema giudiziario egualitario, la condanna a morte deve essere abolita, in quanto lo stato infligge il crimine stesso per cui punisce i carcerati, ricadendo in una latente ipocrisia.

Emma A. 3BL (Liceo Torricelli-Ballardini – Faenza)

La pena di morte.

Incontro con COALIT

Dell’esperienza con COALIT mi ha sicuramente colpito la testimonianza della Presidente. Lei ci ha raccontato del suo lavoro negli Stati Uniti, aiutando degli uomini innocenti nel braccio della morte. Ho sentito l’emozione nella sua voce mentre raccontava dei soprusi subiti da queste povere persone. Trovo ammirevole ciò che lei fa e credo che debba essere un’ispirazione per tutti noi nel lottare per ciò che crediamo essere giusto. Non nascondo di aver provato un po’ di nausea mentre raccontava i vari dettagli dei diversi tipi di esecuzione. Trovo la pena di morte così anacronistica e malvagia che penso che non riuscirei mai ad assistere a un’esecuzione. Lei mi ha fatto anche comprendere meglio degli aspetti dal punto di vista giuridico che prima non mi erano chiari. Arianna Ballotta, con ciò che fa, dimostra un enorme empatia e sensibilità nei confronti degli “ultimi” che sembrano essere maltrattati da tutti. Questa conferenza mi ha fatto riflettere tanto sulla fortuna che ho nel vivere in un Paese che, seppur con i suoi problemi, non compie questo tipo di barbarie. Sì perché credo che tutti, come anche da lei sottolineato, debbano avere il diritto di pentirsi delle proprie azioni e diventare persone migliori. É stato sicuramente un incontro formativo che mi ha fatto conoscere una situazione che prima mi era ignota e della quale farò tesoro.

GIORGIO

LICEO TORRICELLI-BALLARDINI – FAENZA

LA PENA DI MORTE

INCONTRO CON LA COALIZIONE ITALIANA CONTRO LA PENA DI MORTE

La parte che più mi ha stupita è la forza con cui Arianna da ragazzina sia riuscita a perdonare l’uomo che, anche se non direttamente, ha ucciso suo padre. Perdonandolo poi è riuscita a trovare un suo “scopo”, aiutando persone che altre considerano irrecuperabili.

Alcune considerazioni.

-La giustizia non è vendetta:

concordo con questa frase perché, anche se annebbiati dalla rabbia in quel momento, la vendetta non riuscirà a mai a superare e ad affrontare ciò, e questo farebbe abbassare, allo stesso livello del carcerato, chi prova un sentimento tale.

-Non è un deterrente:

anche se si potrebbe pensare che con questa “minaccia” i crimini diminuiscano, questi al contrario crescono, anche perché molte volte i giustiziati sono innocenti.

-Non è incompatibile con la riabilitazione:

non penso sia un motivo valido quello della riabilitazione, perché in molti casi, questa riabilitazione non funziona e i carcerati ne approfittano, accorciando la pena per buona condotta, e magari, una volta liberato, continuano ad eseguire crimini.

-E’ di ostacolo alla ricerca della verità:

concordo perché 1 caso su 8 di questi carcerati, è innocente e quindi così si uccide un innocente. Secondo me bisognerebbe avere prove contrastanti per condannare qualcuno, anche se purtroppo possono essere false per salvare il vero colpevole.

-La pena di morte non è la giusta punizione per chi a sua volta, ha inflitto la morte e risponde a un innato senso:

Secondo me la pena di morte “libera” il carcerato, poiché con la morte quest’ultimo non ha tempo per rimuginare o per essere tormentato dal crimine compiuto. Quindi, se fosse condannato alla prigione, in quel tempo sarebbe tormentato e rimuginerebbe sulla sua colpa, capendo effettivamente il crimine commesso.

CHIARA – LICEO TORRICELLI-BALLARDINI – FAENZA

LA PENA DI MORTE

INCONTRO CON LA COALIZIONE ITALIANA CONTRO LA PENA DI MORTE

Mi hanno colpito particolarmente i metodi cruenti con cui i diversi Stati uccidono i propri prigionieri.

Io non sono favorevole alla pena di morte, ma credo che chi ha commesso un crimine quale omicidio o stupro volontari, sia giusto che paghi per ciò che ha fatto. Questo comunque non implica che la pena debba essere la morte, e soprattutto una morte crudele come quella che viene assicurata ai condannati.

La morte cruenta non la auguro a nessuno, ma auguro a tutti coloro che hanno commesso un crimine tale e non se ne sono pentiti, di ‘marcire’ in carcere.

I metodi più violenti di cui ho sentito parlare sono sicuramente la lapidazione, l’ipossia da azoto, la sedia elettrica e l’iniezione letale se svolta male, senza l’utilizzo di tutti i farmaci necessari. La cosa che più mi ha sconvolto però è come uno stato preferisca incarcerare una persona su otto innocente piuttosto che svolgere test del DNA e altre tecniche che scagionerebbero il presunto colpevole.

Un’altra cosa che mi ha particolarmente colpita è che all’interno delle sale da dove si può assistere all’esecuzione, è vietato piangere. Non si può piangere per la perdita di un proprio caro, e io che l’ho vissuta, posso confermare che è impossibile controllare il dolore, ti lacera il petto e non ti fa respirare.

Io non penso esistano cattive persone nel mondo. Nessuno nasce cattivo, ma crescendo anche una persona buona può commettere cose cattive. Per questo credo fermamente che la pena di morte non sia la soluzione ai crimini commessi e non sia neanche un deterrente per combattere la criminalità. Gli studi mostrano che la popolazione non impara dalla pena di morte, perchè spesso i crimini commessi vengono svolti sotto effetto di droghe o alcool, dunque fino a quando non ci si ritrova in una tale situazione non ci si pensa nemmeno.

Credo invece nell’istruzione e penso soprattutto che i crimini che le singole persone commettono, siano invece crimini dello Stato. Lo Stato in cui viviamo ad oggi, non dà a noi ragazzi i mezzi e gli strumenti necessari per affrontare il mondo esterno consapevolmente. Quando viene consegnato il diploma, si dice di essere maturi: ma si può essere veramente maturi senza un’educazione sociale? Senza la consapevolezza di ciò che ogni giorno avviene nel mondo in tema di politica e società? Come si può andare a votare consapevolmente a diciotto anni se la società non fornisce i mezzi per informarsi? I giornali e la televisione purtroppo subiscono il monopolio di coloro che sono attualmente al governo. Come si può creare un’opinione senza farsi condizionare?

Penso sia responsabilità della scuola, fin dalla scuola dell’infanzia, l’educazione dei bimbi. Probabilmente in questo modo moltissimi crimini potrebbero essere evitati o prevenuti.

L’informazione e il processo di riabilitazione dovrebbero essere garantiti a tutti, ma la pena di morte non lo permette, come non permette il rispetto dei diritti umani e non c’è possibilità di riportare in vita una persona morta.

Troppe volte lo stato stesso si macchia di crimini contro innocenti.

Anna – Liceo Torricelli-Ballardini (Faenza)

PENA DI MORTE

Per quanto riguarda l’incontro sostenuto con Arianna Ballotta, ciò che fin da subito mi ha colpito nel profondo è stata la forza, quasi innata, che le ha permesso di reagire di fronte alla perdita paterna in giovane età. In quella circostanza sarebbe stato più facile abbattersi e sprofondare nell’odio e nella disperazione più che trovare un senso per continuare. L’odio tuttavia, come da lei stessa confermato, l’aveva resa un’altra persona talmente tanto da essere paragonabile all’ubriaco che le aveva strappato una parte di vita ma di cui ora si stava vendicando allo stesso modo. “Non è l’innocenza o colpevolezza a fare la differenza” questa è la frase di Arianna che mi ha fatto riflettere. Oggigiorno non ci si sofferma sul motivo, su ciò che spinge qualcuno a raggiungere un orlo tale da compiere l’inimmaginabile quanto più sull’atto in sé, sul desiderio di uscire vincitore su un vinto, sul gioco facile. Questa è la cruda realtà. Non si nasce con l’odio, con l’indifferenza, con il pregiudizio ma ci si diventa nel momento in cui si è incompresi ed isolati, abbandonati in sé stessi senza nessuno su cui poter contare veramente. La questione che più di ogni altra mi indigna è la condizione in cui si ritrovano, i detenuti, ad affrontare all’interno delle carceri. E’ una circostanza di perenne ribrezzo. La vita dentro al carcere assume le sembianze di una struttura a sé, fuori dal mondo, dalla realtà, dalla legge. Sembra quasi che in quel posto tutti i diritti scompaiano e siano soggetti ad altre regole che non hanno fondamenta ma che lì valgono più di chiunque altra cosa. Il fatto che a ciascun detenuto venga assegnato un numero e riconosciuto come tale mi indigna, non solo perché costituisce un processo di disumanizzazione ma perlopiù perché ci fa rendere conto che tutto il male sofferto ingiustamente, il ricordo della Giornata della Memoria, non sono serviti a nulla. La Storia non si è evoluta ma ripercorsa. Oramai l’uomo è questo e il detenuto è un numero. Il carcere dovrebbe essere un luogo di rieducazione e dignità ma per i condannati a morte nulla vale più. Essi sono costretti a vivere h24 in un isolamento costante, che ti sfinisce, ti logora prima del tempo. Non vi sono finestre ma solo uno spioncino, non si ha la possibilità di vedere i compagni e neppure visite a contatto. L’ “ora d’aria” che viene concessa, se così si può chiamare, altro non è che un cubicolo, il quale ti permette di vedere il cielo a strisce e nemmeno nella sua interezza. Ma talvolta ci soffermiamo a pensare a quanto pagherebbero i detenuti per poter odorare la vita che scorre frenetica oltre quelle mura, senza provare indifferenza? Non mi capacito di come oggigiorno, ancora, i condannati a morte vengano giustiziati solo per il loro status di vita, senza avere la possibilità economica di un avvocato. E’ questo il punto: il denaro. Tutto ruota attorno a una carta che detiene la salvezza degli uomini.Quanto vorrei un mondo che non si basasse sulla classe sociale d’appartenenza, sul denaro, sul colore della pelle, sul pregiudizio ma solo sulla vera umanità. La pena di morte non ha un effetto deterrente sui tassi di omicidio e non può costituire un mezzo per salvaguardare la società, perchè la sta distruggendo. Basti pensare agli Stati Uniti, dove attualmente è ancora in vigore la pena di morte. La società si sta autodistruggendo per volere reciproco e inconsapevolmente. Ritonando alla questione degli USA, per porre in sicurezza la società americana, si attua la pena di morte ma il problema si riscontra nella libera circolazione delle armi. E’ inutile salvaguardare la società se proprio lei è corrotta più di chiunque altro, in questo senso verrebbe dire che non porta a niente guardare nel futuro se il presente è incerto. La pena di morte non porta ad alcun beneficio per la comunità non si può affidare la vita di un uomo nelle mani di un suo simile, questo è inpensabile. La legge stessa è il problema di tutte queste vittime, garante del bene ma portatrice di morte e ingiustizie.

Federica C. 3CL (liceo Torricelli)