
Comunicato da Coalit
Dicembre 15, 2025
Buone feste
Dicembre 22, 2025Accolgo e faccio mia la richiesta di Françoise Miller-El, mia cara amica e moglie di Thomas, detenuto in Texas da moltissimi anni ed ex condannato a morte.
Lo conosco personalmente e lo visito quando posso sin dalla seconda metà degli anni’ 90. E’ scampato a ben 11 date di esecuzione e nel 2008, per salvarsi la vita, ha accettato un patteggiamento dichiarandosi colpevole in cambio del carcere a vita.
Personalmente, tuttavia, ho sempre creduto nella sua innocenza … ma questo non c’entra adesso. Ma vi dico che so per certo che gli innocenti in carcere, e non solo nel braccio della morte, sono tanti.
Noi di COALIT lavoriamo coi condannati a morte ed i detenuti in generale sin dal 1997 e i fatti li conosciamo bene.
Parlando di USA, Paese a cui ci riferiamo in questo momento citando Thomas, possiamo dire che non esiste un numero esatto, ma alcuni studi attendibili stimano che nelle carceri statunitensi siano detenute decine di migliaia di persone innocenti, con percentuali che vanno dall’1% al 10% della popolazione carceraria totale (circa 2,3 milioni), ovvero da 23.000 a oltre 200.000 individui, anche se cifre più prudenti collocano la percentuale intorno all’1-2% (20.000-46.000). Organizzazioni leader come l’Innocence Project sottolineano questo problema persistente, citando le condanne ingiuste come un problema endemico e significativo all’interno del sistema giudiziario americano. E il braccio della morte non fa differenza, ovviamente. Salvo che una volta che la condanna viene eseguita, in questi casi, non c’è alcuna possibilità di tornare indietro.
Data la fallibilità del giudizio umano, c’è sempre stato il pericolo che un’esecuzione potesse portare all’uccisione di una persona innocente. Tuttavia, quando nel 1972 la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale l’applicazione della pena di morte, nelle nove sentenze emesse non vi era quasi alcun riferimento alla questione dell’innocenza. Sebbene in passato fossero stati sicuramente commessi degli errori, prevaleva l’idea che tali casi fossero rari. Tuttavia, quando i tribunali federali iniziarono ad esaminare in modo più approfondito se agli imputati nei processi penali statali fossero stati garantiti i loro diritti ad un giusto ed equo processo, iniziarono ad emergere regolarmente errori e comportamenti scorretti da parte delle autorità, che resero necessari nuovi processi. Quando agli imputati furono concessi avvocati più esperti, giurie selezionate in modo equo e l’accesso a test scientifici, alcuni furono assolti e rilasciati. Ma quanti, invece, sono stati già uccisi? Non lo sapremo mai.
Sappiamo, però, che dal 1973, 202 ex detenuti nel braccio della morte sono stati scagionati da tutte le accuse relative alle condanne ingiuste che li avevano portati nel braccio della morte. Sappiamo anche che stime attendibili suggeriscono che almeno il 4% di tutti i detenuti nel braccio della morte sono probabilmente innocenti, evidenziando il difetto del sistema in cui le condanne ingiuste sono comuni e gli errori spesso vengono scoperti troppo tardi.
Quanto sopra per darvi un’idea di come stanno le cose nel Paese che tutti decantano come la culla della democrazia. Forse lo era, non ne discuto, ma di certo non lo è più, a mio avviso (e mi assumo totalmente la responsabilità di ciò che sostengo). D’altro canto, aggiungo, che gli USA non siano (o non siano più) la culla della democrazia è un’opinione diffusa anche tra analisti e commentatori (e non solo fra chi si occupa di DD.UU.) che evidenziano come, pur ispirandosi certamente ad ideali democratici, il sistema americano presenti gravi carenze: sistema elettorale che non sempre rispecchia la volontà popolare, lobbying, due soli partiti dominanti), una storica disuguaglianza economica e sociale, e interventi all’estero che contraddicono i principi democratici.
Ma non facciamo politica, su queste pagine. Mi premeva parlare di carcere e della possibilità di cambiamento dell’essere umano. Il caso di Thomas (ma non è l’unico) è emblematico: era stato condannato a morte in quanto giudicato violento ed irrecuperabile, ossia indegno di vivere in una società civile. Ma gli anni hanno dato torto allo Stato. Lui è ancora vivo e in tutto questo tempo non ha MAI commesso un singolo atto di violenza. Anzi. Ha studiato, si è formato ed è diventato un ottimo Life Coach, contribuendo in maniera esemplare allo sviluppo ed al percorso evolutivo di altri detenuti come lui.
Perché, lo sosteniamo da sempre, in carcere si può cambiare, se vengono date ai reclusi le giuste opportunità. Personalmente ne ho conosciuti molti nel corso del mio lavoro in COALIT. Persino i condannati a morte possono cambiare, pur sapendo di avere una data certa di scadenza.
Tutti i reclusi soffrono la perdita della libertà, l’allontanamento dai propri cari, la sofferenza che vedono negli occhi di chi amano. Qualcuno cerca quel Dio che mai ha incontrato nella propria vita. Qualunque sia il percorso, il fine è lo stesso: rendersi sempre più dignitosi e meritevoli.
Non è facile, certo, e le persone vanno accompagnate: noi ci siamo. Ma, soprattutto, è necessario che la società smetta di vedere il carcere unicamente come luogo di repressione. Grazie alla mia esperienza, di cui faccio tesoro, so che ogni recluso condannato ad una pena più o meno lunga o addirittura alla pena capitale, può cambiare, ha qualcosa da insegnare ed arriva ad arricchire in maniera preziosa l’umanità di chi dall’esterno gli dedica il suo tempo.
«Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Matteo 25,36).
Che sia davvero un buon Natale!
Arianna Ballotta
Vicepresidente
Coalizione Italiana contro la Pena di Morte APS
Presentazione Thomas Miller-El
Venerdì 21 novembre 2025 era un giorno qualunque per la maggior parte delle persone.
Per Thomas J. Miller-El, invece, quel giorno ha segnato il quarantesimo anniversario di un percorso che gli ha cambiato la vita : un percorso iniziato il 21 novembre 1985, intorno alle 21:00, quando fu colpito da un proiettile al fianco sinistro, calpestato, preso a calci e picchiato da membri di una squadra SWAT locale. Quattro mesi dopo, al termine di un processo durato sei settimane , Thomas fu condannato per omicidio capitale e condannato a morte mediante iniezione letale.
Thomas ha trascorso 20 anni nel braccio della morte del Texas – durante i quali gli sono state fissate ben 11 date di esecuzione – seguiti da altri 20 anni nella popolazione generale del Dipartimento di Giustizia Penale del Texas. Durante questi quattro decenni di incarcerazione, non ha mai commesso alcun atto di violenza, non è mai stato coinvolto in risse e non ha mai venduto né fatto uso di droghe. Non è mai stato, in sostanza, un detenuto problematico. Al contrario, Thomas è diventato artefice di cambiamenti positivi. È intervenuto nei conflitti, ha scoraggiato l’appartenenza alle gang e l’uso di droghe e ha messo in discussione modelli comportamentali distruttivi in diversi livelli di custodia — dal basso G-2 al più alto G-5 — così come nelle unità di alloggio amministrativo e nel braccio della morte. Ha aiutato altri ad affrontare pensieri disfunzionali, instabilità emotiva e distorsioni cognitive , incoraggiando prospettive più sane e la crescita personale.
Nel 2021, Thomas è diventato la prima persona incarcerata selezionata per svolgere il ruolo di Life Coach all’interno del sistema carcerario del Texas. Il Programma Life Coach, un’iniziativa pilota avviata dal Direttore Christopher Carter, è stato concepito per formare persone detenute — attraverso un corso intensivo di cinque settimane sulle Competenze Cognitive di Vita — affinché possano offrire supporto psicologico, emotivo e spirituale ad altri detenuti in difficoltà. Il programma aiuta chi fatica ad adattarsi alla detenzione, promuove l’istruzione e il miglioramento personale e agisce al fine di ridurre l’uso di droghe all’interno delle strutture penitenziarie.
Insieme ad altri nove Life Coaches, Thomas ha contribuito a formare molti altri detenuti affinché oguno di loro diventasse a sua volta un Life Coach. Questo eccellente programma conta oggi circa 250 Life Coaches di sesso maschile in 65 unità e più di 40 di sesso femminile in tre o quattro unità per sole donne nel sistema carcerario del Texas. Tutti i Life Coaches continuano a insegnare corsi di Competenze Cognitive di Vita sotto la guida del Direttore Carter.
Un programma indiscutibilmente straordinario che ha trasformato in modo significativo la cultura carceraria. Eppure, Thomas – nonostante i suoi sforzi ed il suo incessante impegno – è stato ricompensato dal Texas Board of Pardons and Paroles con sette rinvii consecutivi di tre anni della libertà condizionale .
Per coloro che si oppongono alla pena di morte, incoraggiamo vivamente la visione del seguente video:
Thomas è la prova vivente che lo Stato del Texas era in errore quando affermava che egli avrebbe ucciso di nuovo. Al contrario, Thomas è la prova vivente che un ex detenuto del braccio della morte può influenzare in modo profondo e positivo la cultura carceraria — e, per estensione, le famiglie, le comunità e la società nel suo complesso — attraverso pensieri, parole e azioni costantemente positivi.
L’eredità giuridica di Thomas è altrettanto significativa. I suoi casi, Miller-El v. Cockrell, 537 U.S. 322 (2003) e Miller-El v. Dretke, 545 U.S. 231 (2005), hanno portato alla luce la discriminazione razziale nella selezione delle giurie nei tribunali del Texas. Queste sentenze storiche hanno contribuito all’annullamento di numerose condanne, sia nel braccio della morte sia nella popolazione carceraria generale.
Per Thomas è importante sapere che il suo caso continua a fungere da potente strumento nella lotta contro l’ingiustizia, il razzismo e la pena di morte, aiutando a cambiare vite, esattamente come lui sta facendo da decenni.
L’eredità legale di Thomas continua a influenzare la lotta contro l’ingiustizia e contro la pena di morte, salvando vite e mettendo in luce disuguaglianze sistemiche anche molto tempo dopo l’annullamento della sua stessa condanna. Tuttavia, il suo lavoro è tutt’altro che concluso. Thomas chiede l’opportunità di proseguire questo impegno di una vita come uomo libero, servendo le comunità, facendo da mentore ad altri e dimostrando cosa significhino davvero redenzione, responsabilità e trasformazione.
Chiediamo il vostro sostegno per aiutare a garantirgli questa possibilità e per far conoscere la sua storia, affinché il suo impatto possa andare ben oltre le mura del carcere.
Grazie.
Françoise Miller-El
Friday, November 21, 2025 appeared to be an ordinary day to most people.
For Thomas J. Miller-El, however, it marked the fortieth anniversary of a life-altering journey—one that began on November 21, 1985, at approximately 9:00 p.m., when he was shot in the left flank, then stomped, kicked, and beaten by members of a local SWAT team. Four months later, following a six-week trial and jury selection process conducted five days a week, Thomas was convicted of capital murder and sentenced to death by lethal injection.
Thomas spent 20 years on Texas death row, enduring 11 scheduled execution dates, followed by 20 additional years in the general population of the Texas Department of Criminal Justice. During those four decades of incarceration, he committed no acts of violence, engaged in no fights, and did not sell or use drugs. He was never a disruptive inmate.
On the contrary, Thomas became a force for positive change. He intervened in conflicts, discouraged gang involvement and drug use, and challenged destructive behavioral patterns throughout multiple custody levels—G-2 through G-5—as well as administrative housing units and death row. He helped others confront dysfunctional thinking, emotional instability, and distorted belief systems, encouraging healthier perspectives and personal growth.
In 2021, Thomas became the first incarcerated individual selected to serve as a Life Coach within the Texas prison system. The Life Coach Program was a pilot initiative launched by Director Christopher Carter, designed to train incarcerated individuals—through an intensive five-week Cognitive Life Skills course—to support fellow prisoners in need of psychological, emotional, and spiritual guidance. The program assists those struggling to adjust to incarceration, promotes education and self-improvement, and works to reduce drug use within prison facilities.
Alongside nine other original Life Coaches, Thomas helped train many additional inmates to become Life Coaches themselves. Today, the program includes approximately 250 male Life Coaches across 65 units and more than 40 female Life Coaches on three to four women’s units within the Texas prison system. All Life Coaches continue to teach Cognitive Life Skills classes under the leadership of Director Carter.
This remarkable program has measurably transformed prison culture. Yet Thomas’s reward has been limited to receiving seven consecutive three-year parole set-offs from the Texas Board of Pardons and Paroles.
For those who oppose the death penalty, we strongly encourage viewing the following video:
https://www.youtube.com/watch?v=YzFgXxp9N_Y
Thomas stands as living proof that the State of Texas was wrong when it claimed he would kill again. Instead, he exemplifies how a former death row inmate can profoundly and positively influence prison culture—and, by extension, families, communities, and society at large—through consistent positive thoughts, words, and actions.
Thomas’s legal legacy is equally significant. His cases, Miller-El v. Cockrell, 537 U.S. 322 (2003)
and Miller-El v. Dretke, 545 U.S. 231 (2005), exposed racial discrimination in jury selection within Texas courts. These landmark rulings have contributed to the reversal of numerous convictions, both on death row and in the general prison population.
Thomas finds meaning in knowing that his case continues to serve as a powerful tool in the fight against injustice, racism and the death penalty—helping to change lives, just as he has done for decades.
Thomas’s legal legacy continues to shape the fight against injustice and the death penalty, saving lives and exposing systemic inequities long after his own conviction was overturned. Yet his work is far from finished. Thomas seeks the opportunity to continue this lifelong commitment as a free man—serving communities, mentoring others, and demonstrating what redemption, accountability, and transformation truly look like. We ask for your support in helping secure that chance and in amplifying his story so its impact can reach far beyond prison walls.
Thank you.
Françoise Miller-El




4 Comments
Eventualmente e a prescindere: Dobbiamo dare a tutti una seconda opportunità! Restiamo umani ❤️
Leggere queste parole costringe a fermarsi. Non sui numeri – già sconvolgenti – ma sulle persone. Sulle vite sospese, sull’errore umano che diventa irreversibile quando lo Stato decide di togliere la vita. La storia di Thomas, come quella di molti altri, mette a nudo una verità scomoda: la giustizia non è infallibile, e quando sbaglia, lo fa sulla pelle degli esseri umani.
Colpisce soprattutto un punto: l’idea di “irrecuperabilità”. Gli anni hanno dimostrato quanto sia fragile e presuntuosa. Un uomo giudicato indegno di vivere ha invece dimostrato capacità di crescita, responsabilità, cura per gli altri. Questo non cancella il dolore delle vittime né banalizza il reato, ma apre una domanda fondamentale: che cosa vogliamo che sia il carcere? Vendetta o possibilità di trasformazione?
Questa testimonianza ricorda che il cambiamento è possibile, anche nelle condizioni più disumane, e che una società si misura non solo da come punisce, ma da quanto spazio concede alla dignità, alla riparazione e all’evoluzione umana. Ignorarlo è più comodo. Guardarlo in faccia, come fate voi, è molto più difficile. Ed è necessario.
Guardate questo video e leggete cosa è stato fatto e si sta facendo per gli ultimi degli ultimi, quelli di cui non si parla mai, quelli che neanche consideriamo umani: i condannati nel braccio della morte. Eppure, proprio dove l anima è più buia, lì ci sono le scintille più luminose. Questa è la storia di uno di loro, ma, in realtà, è la storia di uno di noi, che sta lavorando nella miniera più scura, per portare le gemme alla luce. Collaboro da anni con la Coalit, la Coalizione Italiana contro la pena di morte nel mondo, e soprattutto collaboro con Arianna Ballotta, presidente della coalizione e mia amica del cuore. Invito tutti i miei amici e followers a iscriversi e a collaborare fattivamente con la Coalit. È nel buio che bisogna accendere la candela.
Un articolo molto interessante relativo ad un problema che dovrebbe toccare tutti: quello della repressione che genera un sistema basato sulla disparità di opportunità dei diritti e le conseguenti antinomie: ricchi/poveri, bianchi/neri, inclusi/esclusi. Grazie